
“Libertà è partecipazione” cantava il grande Giorgio Gaber negli anni ’70. A ribadirlo oggi, a modo suo, è il “Data Governance Act” che, introducendo i Servizi di Intermediazione dei Dati, segna un passaggio cruciale verso una nuova concezione di sovranità dei dati: non più frammentata a livello individuale, ma intesa come patrimonio collettivo. Il World Wide Web si trasforma così in un “Wise Web“, dove il libero scambio dei dati genera fiducia e saggiamente bilancia la tutela degli interessi di tutti gli stakeholder coinvolti, con l’esigenza di apertura e integrazione a favore di un ecosistema digitale europeo.
La creazione di valore sociale, economico e di rafforzamento dei diritti di cittadinanza europea rappresentano l’ambizioso obiettivo del Regolamento (UE) 2022/868,
noto come Data Governance Act (DGA). Il mantra è quello di aumentare la fiducia nello scambio dei dati e, contemporaneamente, incrementarne la disponibilità. I principi della non rivalità (E. Cremona, Quando i dati diventano beni comuni: modelli di data sharing e prospettive di riuso) e della volontarietà costituiscono il focus del DGA, con una strategia orientata alla circolazione, condivisione e riutilizzo dei dati.
Nell’occuparsi di realizzare un’economia dei dati “antropocentrica, affidabile e sicura”, il DGA predispone adeguati meccanismi di partecipazione attiva dei titolari dei dati (siano essi persone fisiche che giuridiche, dati personali e/o non personali) che possono così beneficiare di vantaggi economici e, al contempo, avere la garanzia giuridica che gli stessi dati siano trattati nel rispetto di accordi ex ante da parte degli interessati.
Cosa prevede esattamente il DGA?
Da un lato troviamo il concetto di “altruismo dei dati”, che mira ad incentivare la condivisione dei dati volontaria, ma senza scopo di lucro, attraverso Organizzazioni iscritte in registri pubblici nazionali (art. 17 – DGA); dall’altro lato entrano in gioco i “servizi di intermediazione di dati“, che svolgono attività finalizzate a stabilire relazioni commerciali tra un numero indefinito di interessati e titolari dei dati e gli utilizzatori delle informazioni (Capo III – DGA).
Di fronte al potenziale «colonialismo digitale» determinato dall’egemonia delle Big Tech extraeuropee, che detengono le informazioni digitali di cittadini e aziende, l’Unione Europea ha intrapreso una strategia articolata di sostegno agli spazi europei dei dati – personali e non – mirando a rafforzare la competitività delle imprese continentali mediante un corposo pacchetto normativo (Data Act, Data Governance Act, Digital Service Act, Digital Markets Act, eIDAS, Artificial Intelligence Act, Direttiva Open Data) che si propone di attrarre il libero scambio dei dati, ormai considerati una materia prima cruciale per lo sviluppo economico, e nel contempo prevenire potenziali abusi nel loro trattamento (L. Petrone, Il mercato digitale europeo e le cooperative di dati consultabile sul portale “Progetto di Terza Missione COOPERATIVE DI DATI” dell’Università degli Studi di Bologna).
Nel concreto, in cosa si sostanziano i servizi di intermediazione dei dati? Si tratta di servizi che mirano a stabilire relazioni commerciali o non commerciali tra un numero indeterminato di soggetti interessati al trasferimento di dati e di potenziali utilizzatori, facilitando lo scambio degli stessi dati tra i diversi attori. Questi intermediari operano in assenza di conflitti d’interesse e, sebbene possano addebitare costi per facilitare la condivisione dei dati tra le parti, non hanno facoltà di utilizzarli o sfruttarli autonomamente. Sul tema di un tutelato ma libero scambio, Il DGA sovverte le logiche tradizionali imponendo un flusso coattivo di dati B2G in casi eccezionali. Infatti, l’art. 14 del DGA introduce un meccanismo rivoluzionario: i detentori di dati sono ora obbligati a cedere informazioni strategiche a enti pubblici, Commissione e organismi UE per finalità di interesse pubblico. Un’autentica “espropriazione” dei dati che, pur vincolata da rigide cautele, incrina le logiche attualmente dominanti delle Big Tech.
Un ulteriore peculiare aspetto è la previsione delle Cooperative di dati (art. 10 – DGA), un modello di intermediazione unico nel suo genere. Queste cooperative si distinguono per la loro struttura partecipata, volta a perseguire il “superiore interesse” degli utenti. Il loro servizio non è neutrale, ma mira specificamente ad assistere i propri membri nel compiere scelte consapevoli sulla circolazione dei dati personali e, nel caso di transazioni onerose, nel negoziare condizioni contrattuali più vantaggiose con terzi.
A quanto ammonta il business che si cela dietro questa economia dei dati? Secondo il Global Market Insights (GMI) solo l’industria dei “dati alternativi”, corrispondente ai dati ambientali, sociali e di governance (ESG), nel 2023 ha stimato un valore di 4,9 miliardi di dollari. Una cifra destinata a salire, prevedendo un CAGR di oltre il 28% tra il 2024 e il 2032, per un valore finale di circa 42,3 Miliardi di dollari.
L’Italia, con rilevante ritardo, ha adottato il D.lgs. n. 144/2024, il quale ha assegnato un ruolo centrale all’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) designandola autorità competente per la procedura di notifica dei servizi di intermediazione dei dati edel monitoraggio/controllo della loro conformità al DGA, garantendo il rispetto delle regole stabilite.
Tuttavia, la strategia nazionale sembra al momento peccare di “sprint” nel favorire la nascita di imprese pronte a lanciarsi sul mercato comune dei servizi di intermediazione: ad oggi una sola impresa, peraltro con sede negli UK, è indicata per l’Italia nel Registro UE dei servizi di intermediazione dei dati (situazione al momento condivisa con altri Stati dell’Europa mediterranea).
Una spinta interna e “keynesiana”, senza cadere in sterile retorica sovranista (a tal proposito si veda L. Magli, Punti di Vista sulla sovranità digitale – La sovranità sui dati: l’abbandono del criterio territoriale), ma al fine di accrescere il numero dei player in campo, potrebbe venire da un maggior coinvolgimento di livelli istituzionali ulteriori rispetto alla sola AgID secondo i principi costituzionali di sussidiarietà verticale ed orizzontale.
In questo contesto, un rilevante ruolo potrebbe essere rivestito dalle c.d. autonomie funzionali, quali Camere di Commercio e Università.
Da un lato, il sistema camerale potrebbe fungere da acceleratore sistemico per nuove iniziative d’impresa nel campo degli intermediari di servizi, analogamente a quanto fatto in tema d’impulso allo sviluppo di eventi ad alto valore innovativo e tecnologico (vedasi ad esempio gli interventi relativi alla Maker Faire Rome – The European Edition), o agire per tramite di incubatori d’impresa individuati ad hoc per lo scambio dei dati. A tal proposito, potrebbero altresì essere organizzati degli hackaton, finalizzati a brainstorming per gruppi, che mettano in palio risorse finanziarie e strumentali per l’avvio di specifiche start-up.
Dall’altro, le Università potrebbero essere individuate quali punto d’elezione per la nascita di iniziative di riuso dei dati nei campi della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica (ad esempio, la fusione nucleare).
Inoltre, un ruolo significativo potrebbe essere svolto dalle Regioni, anche attraverso aziende speciali create ad hoc, promuovendo pratiche virtuose che favoriscano iniziative imprenditoriali nella condivisione dei dati, segnatamente in ambiti come la ricerca farmaceutica o lo sviluppo di strumentazioni ospedaliere, dove sia possibile contemperare un rigoroso trattamento dei dati sanitari (sul tema A. Madeddu, Spazio europeo dei dati sanitari: verso una solida UE della salute), con le legittime esigenze commerciali del settore: i dati, quindi, quale risorsa strategica che può contribuire a migliorare l’assistenza, personalizzare i trattamenti e supportare la ricerca su malattie rare o croniche.
Un interessante “case study” nel settore dei servizi di intermediazione dei dati, pur non essendo una società cooperativa, è l’italiana Hoda s.r.l. col suo servizio “Weople”. Il video presentazione della piattaforma recita così: “Una vera rivoluzione digitale, ognuno potrà guadagnare grazie ai propri dati, ma da protagonista, senza svenderli o cederli inconsapevolmente e in modo non protetto nella propria privacy”. Weople, infatti, consente ai propri iscritti di individuare le modalità più redditizie per “investire” i propri dati agendo in qualità di intermediaria ed esercitando il diritto alla portabilità.
In conclusione, la regolamentazione europea in tema di servizi di intermediazione dei dati appare un’ottima opportunità per le imprese, soprattutto PMI, che potranno aggredire in modo saggio e rispettoso il “nuovo oro nero digitale” e sottrarlo, finalmente, di mano dall’attuale oligopolio extraeuropeo.
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