Le novità del nuovo correttivo appalti in tema di digitalizzazione

Il nuovo intervento legislativo, nel puntellare il novello sistema, prosegue lungo la scia mirante ad un continuo ammodernamento dell’apparato burocratico, tale da indirizzare l’attività degli interpreti del settore. In questo senso, l’adeguamento continua anche per le regole afferenti al settore della digitalizzazione di tutto il ciclo di vita dei contratti pubblici, con riferimento segnatamente, agli artt. 19, 23, 24 e 26, in cui si indicano nuove direttive per la facilitazione del settore e volte al corretto impiego del sistema di e-procurement, ormai in vigore dal 1° gennaio del 2024.

Con il D.l. 31 dicembre 2024, n. 209 è stato approvato il correttivo al nuovo Codice dei contratti pubblici (D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36). Nel precisare, chiarire e avviare cospicue modifiche su articoli che presentavano criticità applicative, in modo da rilanciare gli investimenti pubblici, il decreto è, soprattutto, uno strumento di ulteriore razionalizzazione e semplificazione della disciplina recata dal vigente Codice dei contratti pubblici, tenendo conto delle principali esigenze rappresentate dagli stakeholders del settore, nonché delle richieste, presentate in sede europea, di modifica e integrazione di taluni istituti giuridici introdotti al fine sia di scongiurare l’avvio di nuove procedure di infrazione da parte della Commissione europea, sia di risolvere quelle eventualmente già in essere.

Prescindendo da ulteriori analisi ricostruttive e ora opportuno soffermarsi sulle principali riforme che hanno interessato il settore della digitalizzazione, con riferimento, specialmente, agli artt. 19, 23, 24 e 26.

Il comparto relativo alla digitalizzazione, come efficacemente rivelato a seguito dell’introduzione del nuovo Codice, e come già illustrato (sul tema, si veda quanto scritto per l’Osservatorio su la digitalizzazione nel Codice dei contratti pubblici a quattro mesi dalla sua operatività: ancora problemi in vista), rappresenta nella realtà sociale ed economica moderna, lo strumento principale che deve guidare gli interpreti ad un nuovo modo di concepire l’attività amministrativa, non in modo analogico e proiettata verso un futuro in cui la tecnologia vada costantemente di pari passo con l’utilizzazione dei pubblici poteri.

Sul punto, il correttivo ha modificato in parte gli artt. 19, 23, 24 e 26, prospettando nuove regole volte alla semplificazione del settore e finalizzate alla corretta utilizzazione del sistema di e-procurement, oramai in vigore dal 1° gennaio del 2024. In particolar modo, le modifiche mirano: rilanciare l’istituto del fascicolo virtuale dell’operatore economico ( da ora FVOE) a definire le regole volte ad assicurare la certificazione delle piattaforme pubbliche e private per consentire alle stazioni appaltanti di collegarsi alla Banca dati nazionale dei contratti pubblici (da qui in poi BDNC) presso l’ANAC; a contemplare la divisione dei compiti tra il RUP e il personale delle stazioni appaltanti ai fini del caricamento dei dati sulla BDNC e da ultimo, nell’indicare la migliore utilizzazione del casellario informatico oltre che nuove regole sull’utilizzo degli strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni (cd. BIM), aumentando la soglia per cui è obbligatorio il ricorso a tali strumenti su affidamenti da 1 a 2 milioni di euro e razionalizzando, a partire dal 2025, tutti i requisiti tecnici per la redazione in modalità digitale dei documenti di programmazione, progettazione ed esecuzione dell’opera.

In primo luogo, per quanto riguarda il nuovo comma 1 dell’art. 19, il legislatore, richiamando il valore centrale della disposizione in cui si concentrano i principi di neutralità tecnologica, trasparenza, sicurezza informatica e protezione dei dati personali, specifica che ad essere utilizzati devono essere i servizi e le attività che sono effettivamente e concretamente impiegati dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti e non già mediante l’utilizzo di strumenti che astrattamente potrebbero essere impiegati dalle pubbliche amministrazioni di riferimento.

Proseguendo, l’art. 8, D.l. 31 dicembre 2024, n. 209, modifica il comma 7 dell’art. 23 del Codice, autorizzando anche le stazioni appaltanti (oltre ad ANAC) a segnalare ad AgID, le eventuali omissioni presenti in tema di informazioni o attività necessarie a garantire l’interoperabilità dei dati. Oltre ciò si prevede la modifica al comma 5, eliminando il termine “diretti” riferito agli affidamenti alle società in house, fugando, di conseguenza, qualsiasi dubbio rispetto agli affidamenti diretti di cui agli artt. 48 e ss. del Codice.

Ancora, l’art. 9 del correttivo corregge l’art. 24 D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, in modo da porre salde regole sulle interferenze tra le regole disposte dal Codice e quelle relative al funzionamento delle banche dati che alimentano la BDNC. Il comma 3 è modificato in una prospettiva più ampia e generale che mira a porre al riparo definitivamente la questione sulla prevalenza delle norme del Codice rispetto alle singole disposizioni considerate dalle banche dati, in virtù del principio di specialità delle fonti. Al fine di chiarire l’equivoco applicativi emerso in sede di attuazione, si è, quindi, proceduto ad una rielaborazione dell’assetto normativo, disponendo, quindi, che le regole e gli obblighi miranti ad assicurare l’interoperabilità delle banche dati ai sensi dell’articolo 23, comma 3, del Codice non possano essere frustrate delle disposizioni che regolamentano le singole banche dati che alimentano la BDNC, dando prevalenza alle regole di interoperabilità in forza della specialità delle norme codicistiche che la caratterizzano ( per approfondire sul punto, si veda l’analisi effettuata dall’Osservatorio su Lo Stato Digitale nel PNRR – Dati ed interoperabilità nella pubblica amministrazione).  In questo modo risolvendo i contrasti presenti tra i due corpi normativi l’interoperabilità tra le banche dati viene ad essere garantita in modo da consentire, al contempo, il pieno sviluppo del FVOE, essenziale ai fini del funzionamento del sistema digitale della contrattualistica pubblica.

Da ultimo, l’art. 10 della novella mira a modificare l’art. 26 D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, in cui ad essere parzialmente mutati sono i poteri dell’AgID. Si ritocca il comma 1, prevedendosi che l’AgID stabilisca modalità di certificazione dei requisiti tecnici delle piattaforme che dovranno rispettare quanto previsto dal secondo comma dell’articolo, e non più la conformità delle piattaforme digitali di e-procurement, in quanto più funzionale al ruolo di AgID e in linea con quanto previsto dal Codice. Tale nuova previsione non si limita a ricalibrare le funzioni dell’Agenzia ma alimenta il piano d’azione inglobando anche l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (o ACN) che di concerto con l’ANAC, la Presidenza del Consiglio dei ministri, nella figura del Dipartimento per la trasformazione digitale, dovranno stabilire con l’AgID le modalità di certificazione. In tal senso, connesso a questa modifica, si conviene al comma 1 dell’articolo 226-bis di nuovo conio, la definizione del termine, fissato in 60 giorni, per l’adozione del provvedimento da parte dell’AgID, di concerto con l’ANAC, la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per la trasformazione digitale e ACN.

Al nuovo comma 2 si precisa che con il medesimo provvedimento del comma 1 sono individuati i requisiti e i titoli richiesti alle piattaforme di approvvigionamento digitale al fine di dimostrare, sulla base degli standard internazionali di settore, l’adeguatezza dei sistemi di gestione della qualità dell’organizzazione, nonché la sicurezza delle informazioni. A meri fini di coordinamento, il comma 3 è modificato in modo che la nuova certificazione rilascia dall’AgID si fonda sui requisiti e sui titoli previsti dal nuovo comma 2.

Prescindendo da un giudizio sulle modifiche effettuate, il correttivo prova a riorganizzare gli assetti normativi e le funzioni delle Autorità che regolamentano il settore, in modo impostare la gestione del comparto in esame attraverso nuovi equilibri nella gestione e formazione delle regole digitali.

Ciò che più colpisce è lo scarso ricorso alla metodologia BIM. Il raddoppio dell’importo per le opere normali e la fissazione della soglia a 5,538 milioni di euro, per gli interventi sugli edifici facenti parte del patrimonio storico artistico, in virtù di quanto stabilito a livello europeo, non basta a rilanciare definitivamente l’istituto sebbene presente nel nostro ordinamento da quasi un decennio, precisamente, dalla sua introduzione contenuta nell’art. 23 del D.lgs. 50/2016. Anche volendo, l’attualità, infatti, non consentirebbe di aumentare l’obbligatoria utilizzazione del BIM dato che, inevitabilmente, porterebbe ad un blocco delle procedure di affidamento per le piccole e medie stazioni appaltanti che non sarebbero in grado di supportare lo sforzo economico richiesto per tale tipologia di meccanismi.

Il correttivo al Codice dei contratti pubblici rappresenta un altro passo verso la digitalizzazione dell’intero ciclo di vita degli appalti, introducendo misure che mirano a semplificare e razionalizzare il sistema. Le modifiche agli articoli 19, 23, 24 e 26 nel rafforzare l’interoperabilità delle banche dati, migliorare la gestione del FVOE e ridefinire il ruolo delle autorità di regolamentazione, cercano di garantire maggiore efficienza e trasparenza nel perseguimento del principio di fiducia e risultato. Tuttavia, permangono alcune criticità, su tutte, il limitato impulso all’adozione del BIM, il cui utilizzo continua a scontrarsi con difficoltà operative ed economiche per le piccole e medie stazioni appaltanti e il cui futuro applicativo è ancora tutto da scoprire. La digitalizzazione degli appalti pubblici è ormai una necessità imprescindibile e il correttivo cerca di accelerare questo processo, pur dovendo ancora superare ostacoli normativi e tecnici per una piena attuazione del sistema digitale.

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