Quando si parla di regolare Internet, il pensiero corre subito ai contenuti online: fake news, hate speech, disinformazione. Questo è comprensibile: è la parte del web con cui interagiamo più spesso, la più visibile e accessibile. Ma ciò che non vediamo è altrettanto, se non più, importante.
Ci si interroga abbastanza su chi definisce le regole dell’infrastruttura stessa? La distinzione – in parte solo apparente – tra governance di e governance su Internet è oggi al centro di dibattiti globali, come quello promosso dal WSIS Forum (World Summit on Information Society). È arrivato il momento di capire perché la struttura della Rete non è neutra, e perché regolarne il codice significa, spesso, regolare anche i contenuti.
Un’infrastruttura a più livelli
Per comprendere meglio l’intreccio tra governance di e su Internet, è utile scomporre l’architettura della Rete in tre livelli funzionali: infrastrutturale, logico e applicativo.
Alla base si trova il livello infrastrutturale, che comprende gli elementi fisici e fondamentali come cavi, data center, satelliti e Internet Exchange Points (IXPs). Queste infrastrutture sono costruite da governi e grandi compagnie private, con regolazioni che variano di paese in paese. La governance di questo strato, nella maggior parte invisibile agli utenti, riguarda decisioni altamente specializzate, ed è tipicamente riconducibile alla governance di Internet.
Sopra di esso si colloca il livello logico (anche chiamato “livello tecnico”), che include i protocolli e i servizi necessari per far funzionare Internet. Ciò comprende il Domain Name System (DNS), il sistema degli indirizzi IP, i protocolli su cui si basa Internet – come il TCP/IP – e i forum multistakeholder che governano questi sistemi. Gli indirizzi IP funzionano come i “numeri civici” dei dispositivi collegati alla rete: ogni computer, telefono o server deve avere un indirizzo unico per poter inviare e ricevere dati. Tuttavia, poiché i numeri sono difficili da ricordare per noi esseri umani, esiste il DNS, una sorta di “rubrica telefonica” di Internet, che traduce nomi semplici da memorizzare (ad esempio www.universita.it ) nei corrispondenti indirizzi numerici. Il ruolo di questi servizi e processi governativi è di assicurarsi che i dispositivi connessi a Internet siano identificabili sulla rete e possano dunque comunicare tra loro. Le regole di questi sistemi vengono definite a livello internazionale da organismi di governance tecnica:
ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers): un’organizzazione senza scopo di lucro che coordina l’assegnazione degli indirizzi IP e dei nomi di dominio a livello globale, garantendo l’unicità e la stabilità del DNS.
RIRs (Regional Internet Registries): sono cinque enti regionali che distribuiscono concretamente gli indirizzi IP agli operatori di rete e ai provider Internet nei vari continenti (RIPE NCC in Europa, ARIN in Nord America, APNIC in Asia-Pacifico, AFRINIC in Africa, e LACNIC in America Latina e Caraibi). Questi “registri” sono coordinati dal NRO (Number Resource Organisation).
IETF (Internet Engineering Task Force): una comunità internazionale di ingegneri ed esperti che elabora e aggiorna gli standard tecnici e i protocolli su cui si basa il funzionamento di Internet, come il TCP/IP o l’HTTP.
Insieme, queste organizzazioni e comunità assicurano che Internet rimanga un sistema unico, interoperabile e accessibile ovunque nel mondo.
È proprio questo il punto di contatto più delicato tra struttura e superficie: il modo in cui questi protocolli sono progettati e governati influisce direttamente sul funzionamento delle applicazioni e, di conseguenza, sui contenuti accessibili agli utenti. Per questo motivo, il livello logico si configura come una zona intermedia, in cui coesistono elementi di governance di e su Internet. Le scelte operate qui, ad esempio nella progettazione di un protocollo o nella gerarchia del sistema dei nomi di dominio, hanno ricadute sia sull’architettura tecnica sia sulle dinamiche informative.
Segue infine il livello più visibile: il livello applicativo. Su di esso operano piattaforme, social network, browser e servizi digitali. È in questo ultimo strato che si manifestano più chiaramente i dibattiti della governance su Internet, con questioni legate alla moderazione dei contenuti per tutelare i diritti digitali e alla responsabilità degli intermediari. Con il passare del tempo, proprio a questo livello si collocano anche i nuovi dibattiti emergenti, come quello sulla disinformazione nell’era dell’intelligenza artificiale, tema già affrontato in un post precedente dell’Osservatorio.
Questa stratificazione dimostra che regolare Internet significa agire su più livelli contemporaneamente, e che i livelli di infrastruttura, specialmente quella più astratta è composta da codici, e spesso trascurato nel discorso pubblico, rappresenta in realtà un nodo cruciale in cui si definiscono, attraverso scelte tecniche, anche le condizioni per l’esercizio della libertà online.
Due governance intrecciate
Il principio di regulation by design è cruciale per comprendere la distinzione tra governance di Internet (la governance dell’infrastruttura) e governance su Internet (la governance dei contenuti). In realtà, questi due livelli non sono separati: la modalità con cui costruiamo e gestiamo la tecnologia incide profondamente sulla regolazione dei contenuti.
A spiegare in modo efficace questo concetto è stato il giurista statunitense Lawrence Lessig, nel suo libro Code is Law 2.0. Secondo Lessig, il design stesso delle tecnologie costituisce una forma di regolazione: il codice stabilisce ciò che è possibile fare, proprio come farebbe una legge scritta.
Parlare di governance di o governance su Internet è dunque provocatorio: non si tratta di una scelta tra due alternative, ma di due dimensioni interdipendenti.
Ad esempio, la definizione delle regole di accesso ai domini, o la gestione delle identità digitali, sono tutte forme di governance che, pur agendo a livello infrastrutturale, plasmano direttamente l’ecosistema dell’informazione.
Perché parlarne ora?
Queste riflessioni non sono teoriche. In questo momento storico, sono in corso processi globali che potrebbero ridefinire le regole del gioco.
Uno dei più rilevanti è il WSIS+20 Forum promosso dall’ONU, che si terrà alla fine del 2025. Questo forum, convocato vent’anni dopo il primo Summit Mondiale sulla Società dell’Informazione (WSIS), si propone di aggiornare la visione collettiva sul futuro di Internet. In gioco c’è il ruolo dei governi, delle organizzazioni internazionali, delle imprese e della società civile nella definizione di una governance multilivello, trasparente e inclusiva.
In parallelo, anche l’Unione Europea continua a rafforzare la propria impronta regolatoria, sia sui contenuti, con il Digital Services Act, sia su aspetti più infrastrutturali, come dimostra il dibattito sulla sovranità digitale e il ruolo dei DNS root servers. Come discusso in molteplici post dell’Osservatorio, infatti, l’UE spinge sempre di più per affermare la propria sovranità digitale a vari livelli dell’Internet, non solo sul piano normativo, ma anche su quello tecnico e strategico, con l’obiettivo di ridurre dipendenze esterne e consolidare una maggiore autonomia nell’ecosistema digitale.
Conclusioni
Occuparsi di governance digitale non può più significare soltanto disciplinare i contenuti: bisogna guardare più in profondità, interrogandosi su chi gestisce l’infrastruttura, con quali criteri, e con quale trasparenza. Perché, come ci insegna il codice, le regole sono scritte anche nei protocolli, non solo nelle leggi.
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