La triste storia del decreto invisibile (al 3 aprile 2020)

C’era la pandemia. C’erano tanti contagi, tanti ammalati e, purtroppo, tanti decessi. Tutti chiedevano che lo Stato intervenisse con misure straordinarie per contenere i contagi, curare gli ammalati, diminuire la mortalità. Lo Stato intervenne con misure di chiusura e di blocco via via più rigorose, chiedendo alla popolazione di restare a casa e vietando lo svolgimento di molte attività economiche, a difesa della salute di tutti.

Le famiglie, le imprese e molti lavoratori del settore privato – quelli del settore pubblico continuavano a ricevere regolarmente lo stipendio – si trovarono in difficoltà, con pochi mezzi di sussistenza, ricavi ridotti o azzerati, posti di lavoro cancellati. Divenne subito evidente la necessità di misure di aiuto e sostegno, che lo Stato cominciò a mettere su carta, producendo centinaia di pagine di decreti, norme e circolari e stanziando somme via via sempre più ingenti.

L’effettiva erogazione degli aiuti era, però, spesso subordinata all’adozione di un atto attuativo, che poteva essere di vario tipo: decreto regolamentare, decreto non regolamentare, decreto ministeriale, decreto interministeriale, decreto del presidente del consiglio dei ministri, ordinanza, circolare. Gli studiosi si misero immediatamente ad analizzare le modifiche (e gli sbreghi) che così si apportavano al sistema delle fonti. Tutti gli altri aspettavano gli atti attuativi e segnalavano ogni giorno l’urgenza di assicurare che le famiglie potessero fare la spesa, che i lavoratori disponessero di un reddito, che le imprese avessero un sostegno per non chiudere e non licenziare: subito, oggi, secondo i tempi della pandemia e della crisi e non secondo i tempi della burocrazia.

Ma gli atti attuativi restavano invisibili e non venivano alla luce. Allora qualcuno decise di cercare di capire dove si nascondevano e, per non essere accusato di generalizzare ingiustamente, cercò un esempio specifico e si chiese: dove si trova il decreto interministeriale previsto dall’art. 57 del d.l. n. n. 18/2020, intitolato “Supporto alla liquidità delle imprese colpite dall’emergenza epidemiologica mediante meccanismi di garanzia”? Il decreto, che deve essere adottato dal Ministro dell’economia e delle finanze (MEF) di concerto con il Ministro dello sviluppo economico (MISE), è essenziale per l’operatività delle misure, perché è proprio con il decreto che si devono stabilire “criteri, modalità e condizioni per la concessione della garanzia”, si deve definire la procedura di escussione e si devono individuare i settori nei quali operano le imprese che possono ottenere la misura di supporto alla liquidità.

L’iter del decreto, in tempi normali sarebbe questo. L’ufficio competente in materia del MEF scrive un testo. Il testo viene valutato dall’ufficio legislativo, sempre del MEF. Con le osservazioni dell’ufficio legislativo, il testo va alla Ragioneria generale dello Stato che fa le sue valutazioni e lo restituisce all’ufficio legislativo. L’ufficio legislativo recepisce le proposte della Ragioneria. A questo punto il MEF manda il testo al MISE per il concerto. Il MISE (l’ufficio competente in materia e l’ufficio legislativo) esamina il decreto e fa le sue osservazioni. Il decreto torna al MEF, dove l’ufficio legislativo esamina e recepisce le proposte del MISE (se va bene e non ci sono differenze di valutazione). Il decreto viene mandato alla Ragioneria, che dà il suo benestare con la “bollinatura” (un piccolo segno verde, che è fra i più ambiti premi nel sistema burocratico). A questo punto il Ministro firma il decreto, che viene quindi inviato alla Corte dei conti per la registrazione. Quando torna dalla registrazione, il decreto viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, appena c’è posto. A questo punto gli interessati – ad esempio le imprese – leggono il decreto, cercano di capire cosa devono fare e, forse, le prime garanzie diventano operative (n.b.: quella che precede è una versione semplificata dell’iter, che non include i tempi supplementari frequentemente richiesti da eventuali disaccordi fra uffici).

Questo l’iter in tempi normali. E in tempi straordinari, quando la casa brucia e bisogna intervenire subito, immediatamente, tempestivamente? Esattamente gli stessi tempi. Le misure di aiuto e sostegno saranno anche urgenti, le necessità alle quali devono rispondere sono urgentissime e spesso drammatiche, ma l’attuazione delle misure no: il decreto si aggira nel labirinto amministrativo e resta invisibile – al momento in cui si scrive – a ben due settimane dalla pubblicazione della norma che lo prevede. Eppure si potrebbe almeno semplicemente chiedere a tutti quegli uffici di non lavorare in sequenza, ma contestualmente, mettendo insieme le loro competenze per un risultato celere, e forse persino migliore.

È triste, la storia del decreto invisibile. Ancora più triste è la storia di chi inutilmente lo attende, mentre il tempo passa, i danni crescono, la speranza e la fiducia – elementi essenziali della democrazia – si vanno spegnendo.