Il TAR Lazio riconosce il valore economico-commerciale dei dati personali

Il Tar del Lazio ha ritenuto ingannevole l’informativa fornita da Facebook in fase di prima registrazione con la quale si affermava la gratuità dell’iscrizione, poiché i dati personali sono suscettibili di sfruttamento economico e, conseguentemente, assumono un valore commerciale.

La prima sezione del Tribunale Amministrativo per la Regione Lazio con la sentenza del 10.1.2020, n. 261 nell’ambito di un giudizio avente a oggetto l’accertamento di una pratica commerciale scorretta, le cui statuizioni trascendono, tuttavia, la fattispecie e la materia in esame, ha espressamente riconosciuto l’idoneità dei dati personali ad assumere, nell’ambito dei mercati digitali, un valore economico-commerciale.

I Giudici amministrativi hanno ritenuto che i dati personali, in quanto asset disponibili ad assurgere nell’ambito di un contratto alla funzione di “controprestazione”, oltre a essere tutelati quale espressione di un diritto della personalità dell’individuo, debbano essere protetti quale possibile oggetto di una compravendita tra operatori economici, ovvero tra questi ultimi e i soggetti interessati.

In particolare, il giudizio aveva a oggetto la legittimità del provvedimento con il quale l’Agcm aveva accertato l’illiceità della pratica commerciale di Facebook che in fase di registrazione dell’utente a fronte di un claim sulla gratuità del servizio offerto (“Iscriviti è gratis e lo sarà per sempre”) ometteva di comunicare che le informazioni relative alla raccolta e all’uso a fini commerciali dei dati personali da parte della Società. L’Autorità aveva ritenuto il messaggio non veritiero e fuorviante, in quanto la raccolta e sfruttamento dei dati degli utenti a fini remunerativi si configurava come controprestazione del servizio offerto dal social network (tant’è vero che i ricavi provenienti dalla pubblicità on line, basata sulla profilazione degli utenti a partire dai dati forniti da questi ultimi, costituivano l’intero fatturato della società).

La società aveva contestato la carenza di potere dell’Agcm, poiché in assenza di un corrispettivo patrimoniale e, quindi, di interesse economico dei consumatori da tutelare, gli obblighi violati avrebbero riguardato esclusivamente il profilo del trattamento dei dati personali degli utenti disciplinato dal Regolamento privacy e conseguentemente le attribuzioni del Garante per la protezione dei dati personali.

Il Tar ha rigettato tale censura, sostenendo che i dati personali possono costituire un asset disponibile in senso negoziale, suscettibile di sfruttamento economico e, quindi, idoneo ad assurgere alla funzione di controprestazione in senso tecnico di un contratto. Segnatamente il fenomeno della “patrimonializzazione” del dato personale, tipico delle nuove economiche dei mercati digitali, impone agli ordinamenti di riconoscere un campo di protezione ulteriore rispetto al diritto della personalità dell’individuo, quale valore economico e commerciale.

Secondo i Giudici amministrativi la possibilità di uno sfruttamento economico del dato personale nell’ambito delle piattaforme social e la conseguente necessità di tutelare il consumatore che le utilizzi impone agli operatori economici di rispettare, nelle relative transazioni commerciali, gli obblighi di chiarezza, completezza e non ingannevolezza delle informazioni previsti dalla legislazione a protezione del consumatore, che deve essere edotto dello scambio di prestazioni che è sotteso alla adesione ad un contratto per la fruizione di un servizio, quale è quello di utilizzo di un social network.

La portata innovativa della statuizione del Tar Lazio travalica la materia della tutela dei consumatori. L’espresso riconoscimento dell’idoneità dei dati personali ad assumere un rilievo economico e, conseguentemente, ad assurgere alla funzione di controprestazione in senso tecnico di un contratto, oltre a garantire ai privati una tutela ulteriore rispetto alla disciplina della privacy, impone di rivalutare sia il valore delle informazioni in possesso degli enti pubblici (in tale prospettiva alcuni enti territoriali stanno attivando dei progetti di valorizzazione dei dati in proprio possesso tramite innovativi progetti di partenariato pubblico privato), sia i rapporti tra i cittadini e le stesse amministrazioni pubbliche che detengono i loro dati personali.

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