Una pronuncia del Consiglio di Stato su discrezionalità e sindacato del giudice amministrativo

Con la sentenza n. 6058 dello scorso 2 settembre, la Terza Sezione del Consiglio di Stato è intervenuta sulla questione dei limiti del sindacato del giudice amministrativo rispetto alle valutazioni espresse dalla Commissione giudicatrice sulle offerte tecniche.

Nella decisione, la Sezione ha chiarito che il sindacato del giudice amministrativo sull’esercizio dell’attività valutativa da parte di una Commissione giudicatrice di gara non può sostituirsi a quello della pubblica amministrazione, in quanto la valutazione delle offerte e l’attribuzione dei relativi punteggi da parte della medesima Commissione rientrano nella ampia discrezionalità tecnica riconosciuta a tale organo.

D’altro canto, a giudizio della Sezione, le censure relative al merito della valutazione sono inammissibili, poiché sollecitano il giudice amministrativo all’esercizio di un sindacato sostitutivo al di fuori dei casi tassativi indicati dall’articolo 134 del codice del processo amministrativo, salvo il limite della abnormità della scelta tecnica.

Tuttavia, la corte ha sottolineato che la declaratoria di inammissibilità del ricorso, senza nemmeno scrutinare l’essenza delle sue fondamentali censure tecniche, costituisce una “formula pigra” e reca una motivazione apparente, che cela un sostanziale rifiuto di giurisdizione e un’abdicazione alla propria potestas iudicandi da parte del giudice amministrativo anche entro il limite di un sindacato giurisdizionale intrinseco, ma “debole”.

Una sentenza che quindi non eserciti alcun sindacato giurisdizionale sull’attività valutativa da parte della Commissione giudicatrice, affermando sic et simpliciter che il ricorso a tal fine proposto solleciterebbe un sindacato sostitutivo del giudice amministrativo, senza però in alcun modo supportare tale affermazione con una almeno sintetica disamina circa il contenuto delle censure tecniche, reca una motivazione apodittica e tautologica e, in quanto tale, meritevole di annullamento con rinvio al primo giudice, ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.a., per nullità della stessa in difetto assoluto di motivazione.