La disciplina ultranazionale dei diritti fondamentali e l’impatto sull’amministrazione

(a cura di Marco Pacini)

 

1.    La disciplina ultranazionale dei diritti fondamentali

 

1.1.  La Cedu e la Corte europea dei diritti dell’uomo

La Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) è stata stipulata a Roma nel 1950. Di essa sono attualmente parti contraenti tutti i 47 Stati membri del Consiglio d’Europa (organizzazione internazionale con sede a Strasburgo, distinta dall’UE), tra cui tutti i 28 Stati dell’UE. Il testo della Cedu

La Cedu contiene un catalogo di diritti fondamentali che gli Stati contraenti sono obbligati a rispettare nei rapporti con le persone sul loro territorio. Istituisce, inoltre, una Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte Edu), competente a risolvere le controversie tra Stati e tra Stati e privati.

In particolare, la Corte Edu decide sui ricorsi presentati direttamente dai privati, previo esaurimento dei mezzi di ricorso nazionali, o dagli Stati. Adotta decisioni vincolanti sul piano del diritto internazionale. Può condannare gli Stati a porre fine alle violazioni, a risarcire il danno, a prevenire nuove violazioni. Il sito della Corte Edu.

Della Cedu non è, però, ancora parte contraente l’UE. In proposito, l’art. 6 TUE, come modificato dal Trattato di Lisbona, prevede che l’UE debba aderire alla Cedu, secondo le indicazioni specificate nel Protocollo 8 TUE. A tal fine, è stato di recente redatto una bozza di accordo di adesione, non ancora sottoscritto da Consiglio d’Europa e UE. Il sito del negoziato.

La Corte di giustizia, però, ha ritenuto tale bozza di accordo incompatibile con le speciali caratteristiche dell’UE e del diritto UE. Simile bozza, infatti, da un lato consente agli Stati membri di chiamare in giudizio l’UE avanti la Corte Edu; dall’altro conferisce alla Corte Edu la potestà di decidere sulla ripartizione tra UE e Stati membri della responsabilità derivante dalla Cedu, in violazione dell’autonomia del diritto UE e del carattere esclusivo della giurisdizione UE. Il parere della Corte di giustizia.

La Corte Edu non può quindi conoscere degli atti delle istituzioni UE. A partire dalla sentenza Bosphorus, però, essa conosce degli atti adottati dagli Stati in attuazione o esecuzione del diritto UE, qualora vi siano elementi di fatto tali da ribaltare la presunzione generale che l’UE offra una tutela di protezione dei diritti equivalente a quella della Cedu. Il caso Bosphorus.

1.2.  I diritti fondamentali dell’UE e la Carta dei diritti fondamentali dell’UE

L’UE è stata a lungo priva di un proprio catalogo dei diritti fondamentali. Per rafforzare la legittimazione del progetto di integrazione europea, la Corte di giustizia (CGE) ha affermato, a partire dalla sentenza Stauder del 1962, l’obbligo delle istituzioni UE e degli Stati membri di rispettare un novero crescente di diritti fondamentali. Il caso Stauder.

Secondo la CGUE, i diritti fondamentali rappresentano principi generali del diritto UE, di rilevanza superiore allo stesso diritto primario; sono tratti dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri e dalla Cedu; producono effetti obbligatori anche nei confronti degli Stati membri per gli atti di attuazione o esecuzione del diritto UE.

Nel 1992, il Trattato UE ha espressamente previsto l’obbligo di rispetto dei diritti fondamentali. Nel 2000, il Consiglio europeo di Nizza ha approvato una Carta dei diritti fondamentali (CDFUE), non avente effetti obbligatori. Nel 2009, il Trattato di Lisbona ha attribuito alla CDFUE la stessa rilevanza giuridica dei Trattati e ha previsto che l’UE acceda alla Cedu. Il testo della Carta.

La verifica del rispetto dei diritti fondamentali è condotta dalla CGE nello svolgimento dell’ordinaria attività giurisdizionale. A tal fine, la CGE si richiama spesso alla giurisprudenza della Corte Edu, dalla quale si discosta solo in rari casi. Le decisioni della CGU non costituiscono oggetto di un successivo controllo della Corte Edu. Repertorio di giurisprudenza della Corte di giustizia: I e II

 

1.3.  Le decisioni ultranazionali rilevanti per il diritto amministrativo (dal 2013)

La Corte Edu e la CGUE hanno nel tempo tratto dalle disposizioni che affermano diritti fondamentali una serie di principi e regole rilevanti per il diritto amministrativo nazionale ed europeo. La Corte Edu ha, pertanto, affermato, a partire dal 2013:

  • non viola la libertà di religione il trasferimento o il licenziamento di lavoratori pubblici per inosservanza di obblighi di non indossare ornamenti espressivi del proprio credo, purché siano fondati su fini pubblici legittimi, e sia assicurato un giusto equilibrio tra i diversi interessi contrapposti. Link al caso Eweida e altri c. Regno Unito.
  • non viola il diritto di accesso all’educazione la previsione di un esame e del numero chiuso per l’accesso all’università, quando la prova è parametrata sulla domanda di laureati, non differenzia tra università pubbliche e private e non esclude la possibilità per i candidati di ripetere l’esame alla successiva sessione. Link al caso Tarantino c. Italia.
  • viola il diritto al rispetto dei propri beni e a un processo equo la mancata di esecuzione della sentenza di condanna di un comune al pagamento del credito di un privato, anche se il comune è in procedura di risanamento, qualora quest’ultima si prolunghi per un tempo irragionevole. Link al caso De Luca c. Italia.
  • confligge con il principio di non discriminazione il divieto di attribuire ai figli il cognome della madre, qualora i genitori siano d’accordo. Link al caso Cusan e Fazzo.
  • viola il diritto alla vita e il diritto al rispetto della propria vita privata la mancata predisposizione da parte delle autorità pubbliche di adeguati strumenti volti a consentire ai lavoratori di accedere alle informazioni rilevanti sulla base dei quali valutare i rischi connessi alla propria attività lavorativa. Link al caso Vilnes e altri c. Norvegia;
  • viola il diritto a un ricorso effettivo, il divieto di tortura, il divieto di respingimenti di massa la prassi delle autorità italiane di respingere massivamente verso la Grecia i profughi che arrivano attraverso questo paese senza verificare l’adeguatezza delle garanzie sostanziali e procedurali loro assicurate dalle autorità greche. Link al caso Sharifi c. Italia e Grecia.
  • Viola il divieto di tortura il rigetto da parte delle autorità di svizzere di una richiesta di asilo di una famiglia di profughi afgani con un figlio piccolo proveniente dall’Italia, disposto senza avere assicurazioni dalle autorità italiane sul trattamento riservato al piccolo Link al caso Tarakhel c. Svizzera.
  • Viola la libertà di associazione il divieto assoluto per i militari francesi di organizzare o partecipare ad associazioni sindacali per la tutela dei propri interessi occupazionali e non economici. Link al caso Matelly c. Francia;
  • Viola il diritto al rispetto dei propri beni l’intimazione a un’impresa, autorizzata allo sfruttamento ittico di un’area della laguna di Venezia sulla base di un titolo debitamente registrato, a cessare simile attività a motivo dell’inclusione di tale area nel patrimonio demaniale, adottata in assenza di una forma di indennizzo e senza tener conto della situazione reddituale dell’impresa. Link al caso Pierimpiè c. Italia;
  • Viola la libertà di manifestazione del pensiero e il diritto a un processo equo il rifiuto di un sindaco di consentire a un giornalista televisivo, licenziato per aver diffuso informazioni circa l’utilizzo delle risorse pubbliche comunali, di accedere ai documenti contenenti tali informazioni al fine di difendersi in giudizio, anche a seguito di apposita condanna del sindaco in tal senso. Link al caso Rosijanu c. Romania;
  • Viola il diritto a un processo equo l’introduzione di una legge che sancisce retroattivamente l’alternatività tra due contigui regimi di sconto contributivo, approvata nel corso di un giudizio avente ad oggetto l’ipotetica concorrenza tra tali regimi. Link al caso Silverfunghi SAS e altri c. Italia;
  • Viola il diritto a un ricorso effettivo, unitamente al diritto alla vita e al divieto di tortura, la previsione secondo la quale l’istanza di concessione della protezione internazionale non sospende l’esecutorietà del provvedimento di espulsione di profughi. Link al caso A.C. e altri c. Spagna;
  • Viola il diritto a un processo equo la partecipazione alle sezioni riunite della Corte suprema amministrativa turca di un giudice della sezione che aveva adottato la sentenza oggetto del giudizio di appello. Link al caso Fazli Aslaner c. Turchia;
  • Viola il diritto a un processo equo e il divieto del ne bis in idem la disciplina italiana in materia di abusi di mercato, che assoggetta la stessa condotta materiale a due distinte sanzioni penale e amministrativa e non assicura una adeguata separazione delle funzioni requirente e giudicante nell’ambito del procedimento sanzionatorio amministrativo della Consob. Link al caso Grande Stevens c. Italia.

 

La CGUE ha, invece, affermato, sempre a partire dal 2013:

  • viola il diritto a un processo equo la decisione con il quale il Tribunale dell’UE ha stabilito che il “termine ragionevole” entro cui i dipendenti della BEI possono proporre ricorso avverso atti di quest’ultima, per i quali non è previsto un termine regolamentare, sia pari a tre mesi, senza valutare le circostanze del caso concreto. Link al caso Jaramillo c. Bei.
  • l’UE non puo` adottare misure restrittive in mancanza di elementi probatori e di informazione idonei a dimostrare il coinvolgimento in attività di produzione di armi nucleari. Link al caso Consiglio c. Fulmen e Mahmoudian.
  • l’UE non puo` adottare misure restrittive in mancanza di elementi probatori e di informazione idonei a dimostrare il coinvolgimento in attivita` terroristiche. Link al caso Kadi;
  • non viola il divieto di tortura e trattamenti inumani e degradanti la mancata concessione delle prestazioni sanitarie e assistenziali nazionali a uno straniero extracomunitario ammesso a risiedere nel territorio di uno Stato membro per motivi di malattia, salvo che lo stesso sia deliberatamente escluso da ogni prestazione sanitaria nel proprio paese di origine. Link al caso Mohamed M’Bodj c. Belgio;
  • non viola il divieto di ne bis in idem la previsione contenuta negli accordi di Schengen secondo cui le autorità di uno Stato membro possono processare un individuo per lo stesso fatto per il quale è già stato processato in un altro Stato membro qualora la pena non sia stata effettivamente scontata. Link al caso Zoran Spasic c. Germania;
  • per essere compatibile con il divieto di tortura, la disciplina europea in materia di asilo (Regolamento Dublino II) deve essere interpretata nel senso che, qualora la domanda di asilo sia presentata in uno Stato membro diverso da quello di arrivo in Europa, lo Stato membro ricevente, fermo restando il divieto di inviare il richiedente in quello Stato se vi sia il rischio concreto che sia ivi sottoposto a trattamenti inumani, può rifiutarsi di trattare la domanda, salvo che la trattazione da parte delle autorità di un altro Stato non richiedano troppo tempo. Link al caso Kaven Puid c. Germania;
  • la Carta dei diritti fondamentali trova applicazione anche nelle materie che, pur non rientrando formalmente nella sfera di azione del diritto UE, sono nondimeno legate a esse da un nesso funzionale diretto. Non viola il divieto di ne bis in idem l’assoggettamento di uno stessa fattispecie a due diverse sanzioni amministrativa e penale, a condizione che la sanzione amministrativa non sia tale, per gravità e finalità repressiva, da essere funzionalmente qualificabile come penale. Link al caso Akerberg Fransson c. Svezia.

 

 

2.    L’impatto sul diritto amministrativo nazionale

 

2.1.  La rilevanza giuridica del diritto ultranazionale dei diritti umani nell’ordinamento italiano

Oltre ai citati effetti di diritto internazionale, la Cedu produce effetti di diritto nazionale all’interno dei singoli ordinamenti. In Italia, la Corte costituzionale ha affermato, con le sentenze 348 e 349 del 2007, che la Cedu, come interpretata dalla Corte Edu, rappresenta, per effetto del rinvio mobile previsto dall’art. 117, primo comma Cost., una fonte di rango sub-costituzionale. Il testo della sentenza n. 348.

Ne deriva, per il diritto nazionale non rientrante nella sfera del diritto UE, che le amministrazioni e i giudici interpretano tale diritto in modo compatibile con la Cedu. Ove non possibile, i giudici rinviano alla Corte costituzionale, la quale verifica, dapprima, la compatibilità della Cedu rispetto alla Costituzione, quindi la compatibilità della disposizione impugnata rispetto alla Cedu.

Per il diritto nazionale rientrante nella sfera del diritto UE, invece, le amministrazioni e i giudici nazionali intepretano tale diritto in modo compatibile con i diritti fondamentali UE, inclusa la CDFUE. Ove non possibile, i giudici, inclusa la Corte costituzionale, rinviano pregiudizialmente la questione alla CGE e, in caso di violazione dei diritti, “non applicano” simile diritto.

Da quanto osservato deriva che il diritto Cedu e i diritti fondamentali UE producono effetti molto rilevanti sul diritto amministrativo nazionale. In termini generali, la violazione del diritto ultranazionale Cedu o UE dei diritti umani può determinare l’invalidità degli atti nazionali e quindi l’annullamento e l’obbligo di risarcimento del danno.

2.2.  Le decisioni di giudici nazionali in applicazione del diritto ultranazionale dei diritti umani rilevanti per il diritto amministrativo (a partire dal 2013)

Facendo applicazione di quanto sopra, i giudici nazionali, inclusa la Corte costituzionale, hanno progressivamente fatto propri i principi e le regole del diritto ultranazionale dei diritti umani, trasfondendoli nel diritto amministrativo nazionale. La Corte costituzionale ha, in particolare, adottato, a partire dal 2013, le seguenti decisioni:

  • Corte cost, sentenza n. 227 del 2014, che esclude l’incompatibilità con l’art. 6, Cedu, della disposizione di interpretazione autentica che esclude con efficacia retroattiva l’estensione della sfera soggettiva di applicazione di una particolare integrazione della pensione di reversibilità;
  • Corte cost, sentenza n. 191 del 2014, che afferma l’incompatibilità con l’art. 111 Cost. e l’art. 6, Cedu, della disposizione, contenuta in un decreto legge approvato in corso di causa avanti il giudice a quo, che introduceva, con efficacia retroattiva, un ulteriore requisito soggettivo per l’attribuzione dell’incarico di Commissario straordinario per il Comune di Roma, e in base alla quale il ricorrente veniva esautorato dell’incarico precedentemente assegnatogli;
  • Corte cost, sentenza n. 187 del 2014, che afferma l’incompatibilità l’art. 1, Protocollo 1, Cedu della disposizione legislativa regionale che commisurava l’indennizzo per l’espropriazione dei fondi non edificabili al valore agricolo medio degli stessi, e, quindi, senza stabilire, come richiesto prima dalla Corte EDU e poi dalla stessa Corte cost., alcun “ragionevole legame” con il valore venale degli stessi;
  • Corte cost, sentenza n. 162 del 2014, che afferma l’incompatibilità con varie disposizioni costituzionali, lette anche alla luce dell’art. 8, Cedu, come interpretato dalla Corte EDU soprattutto nel caso S.H. c. Austria, della disposizione, contenuta nella legge n. 40 del 2004, che vieta la procreazione medicalmente assistita eterologa anche alle coppie sterili;
  • Corte cost, sentenza n. 104 del 2014, che afferma l’incompatibilità con l’art. 25 Cost, letto anche alla luce degli artt. 6 e 7, Cedu, della disposizione legislativa regionale che prevedeva l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie a fatti commesse in data antecedente alla previsione dei divieti presidiati da tali sanzioni;
  • Corte cost, sentenza n. 308 del 2013, che afferma l’incompatibilità con l’art. 6, Cedu, di una disposizione legislativa regionale di interpretazione autentica, che riduceva, con efficacia retroattiva, il novero delle aree ricomprese nel piano paesaggistico regionale, in tal modo legittimando i privati a richiedere il rilascio di titoli abilitativi su tali aree, in contrasto con una contraria sentenza del Consiglio di Stato;
  • Corte cost, sentenza n. 278 del 2013, che afferma l’incompatibilità con gli artt. 2 e 3, Cost., letti anche alla luce dell’art. 8, Cedu, come interpretato dalla Corte EDU soprattutto nel caso Godelli c. Italia, della disposizione, contenuta nel Codice dei dati personali, che subordina l’accessibilità alle proprie origini biologiche da parte del figlio adottato alla verifica della persistente volontà della madre naturale di mantenere il proprio anonimato.
  • Corte cost, sentenza n. 170 del 2013, sull’efficacia retroattiva di una legge in materia fallimentare;
  • Corte cost, sentenza n. 202 del 2013, in materia di permesso di soggiorno per stranieri;
  • Corte cost, sentenza n. 279 del 2013 sul sovraffolamento delle carceri italiane;
  • Corte cost, sentenza n. 308 del 2013 sull’efficacia retroattiva delle leggi di interpretazioni autentica;

Il Consiglio di Stato ha, invece, assunto, a partire dal 2013, le seguenti decisioni:

  • È illegittimo, per violazione del diritto al rispetto della vita privata di cui all’art. 8, Cedu, la sanzione irrogata da un organo di Polizia a un dipendente colto a diffondere privatamente su social network foto che lo ritraevano in abbigliamenti e atteggiamenti inopportuni. Cons. Stato Sez. III, Sent., 21-02-2014, n. 848;
  • Conformemente al principio di parità delle armi ai sensi della Cedu, nel giudizio di primo grado avente ad oggetto procedure di gara, sussiste la legittimazione del ricorrente in via principale estromesso ad impugnare l’aggiudicazione disposta a favore del solo concorrente rimasto in gara, esclusivamente quando le due offerte siano affette da vizio afferente la medesima fase procedimentale come precisato in motivazione” Cons. Stato (Ad. Plen.), Sent., 25-02-2014, n. 9
  • È illegittimo, per contrasto con l’art. 8, Cedu, il rigetto di rinnovo del permesso di soggiorno nei confronti di uno straniero il quale, pur non avendo richiesto il ricongiungimento familiare, intrattiene comunque relazioni familiari con il figlio iscritto alla scuola primaria. Link a Stato Sez. III, Sent., 31-10-2014, n. 5388
  • È illegittima l’ingiunzione di riduzione in pristino di locali per carenza di autorizzazione al mutamento di destinazione d’uso, emanata in base a una disposizione legislativa entrata in vigore in data successiva al mutamento, essendo l’ingiunzione identificabile come provvedimento sanzionatorio-afflittivo e quindi soggetto ai principi generali in materia penale, tra cui quelli previsti dagli artt. 6 e 7, Cedu. Cons. Stato Sez. VI, Sent., 04-11-2014, n. 5422
  • È legittima l’esclusione del datore di lavoro dall’accesso alle dichiarazioni rese dai propri dipendenti ai pubblici funzionari nel corso di attività ispettive, a tutela del prevalente interesse dal lavoratore alla riservatezza e alla protezione da indebite pressioni, come previsto anche dall’art. 8, Cedu, anche considerato la secondaria rilevanza di tali informazioni ai fini della tutela in giudizio delle pretese dal datore di lavoro. Link a Stato Sez. VI, Sent., 24-11-2014, n. 5779
  • È accoglibile l’istanza cautelare formulata nei confronti della Consob da un soggetto operante nel mercato finanziario che lamentava la contrarietà all’art. 6, Cedu, del procedimento sanzionatorio amministrativo di competenza di quest’ultima, anche alla luce della citata Corte Edu, sentenza Grande Stevens c. Italia. Cons. Stato, sez.. VI – Ord. 2-10-2014, n.4492
  • L’applicazione delle cause ostative, di cui allo jus superveniens, alle sentenze di condanna intervenute in un torno di tempo anteriore non si pone in contrasto con il principio, ricavabile dalla Costituzione e dalla CEDU, dell’irretroattività delle norme penali e, più in generale, delle disposizioni sanzionatorie ed afflittive. Link a Stato Sez. V, 06-02-2013, n. 695;
  • In materia di discrezionalità tecnica, il giudice amministrativo deve censurare la valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di esattezza o attendibilità, quando non appaiano rispettati parametri tecnici di univoca lettura, ovvero orientamenti già oggetto di giurisprudenza consolidata, o di dottrina dominante in materia. Link a Stato Sez. VI, 01-02-2013, n. 617;

La Corte di Cassazione ha, a sua volta, adottato, a partire dal 2013, le seguenti decisioni:

  • Dopo il Trattato di Lisbona, la Cedu non ha modificato la propria posizione nel sistema delle fonti, ed il rinvio operato dall’art. 6, par. 3, del Trattato non impone al giudice nazionale, in caso di conflitto la Cedu, di applicare direttamente le disposizioni di quest’ultima, disapplicando la norma di diritto nazionale in contrasto con essa Link a Cass. civ. Sez. lavoro, 19-02-2013, n. 4049
  • In tema di trattamenti pensionistici dei pensionati del Banco di Napoli (oggetto di sentenza della Corte Edu), va esclusa, in applicazione dell’art. 1, comma 55, della legge n. 243 del 2004 (ritenuta costituzionalmente legittima da C.Cost. n. 362 del 2008), la limitata e predeterminata sopravvivenza (fino al 26 luglio 1996) della perequazione automatica. Link a Cass. civ. Sez. lavoro, 02-08-2013, n. 18525
  • Per effetto delle sentenze della Corte costituzionale n. 348/2007 e n. 181/2011, nel giudizio contro una sentenza di Corte d’Appello che aveva liquidato l’indennità in base al meccanismo dichiarato incostituzionale, è applicabile il criterio del valore venale pieno del fondo, ex art. 39 della L. n. 2359/1865. Link a Cass. civ. Sez. Unite, 23-07-2013, n. 17868.
  • non viola il diritto a un processo equo l’esclusione della giurisdizione italiana per le controversie in materia di rapporti di lavoro alle dipendenze delle ambasciate di Stati esteri che le parti abbiano convenzionalmente devoluto alla giurisdizione estera, essendo tale esclusione riconosciuta, come affermato dalla Corte Edu nella sentenza Guadagnino c. Italia e Francia, anche prima della Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali del 2 dicembre 2004, dal diritto consuetudinario internazionale. Cass. civ. Sez. Unite, 27-10-2014, n. 22744.
  • In materia di immigrazione, il giudice, in sede di convalida del decreto del questore di trattenimento dello straniero raggiunto da un provvedimento di espulsione, è tenuto, alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata del TU Immigrazione rispetto all’art. 5, par. 1, Cedu, a rilevarne incidentalmente la manifesta illegittimità, per avere l’Amministrazione agito al di fuori della propria competenza ovvero in mala fede Cass. civ. Sez. VI – 1 Ord. 05-06-2014, n. 12609;
  • In tema di occupazione acquisitiva o appropriativa, ai fini della decorrenza del termine di prescrizione quinquennale per l’esercizio dell’azione risarcitoria, occorre che il danneggiato si trovi nella possibilità di apprezzare il verificarsi dell’effetto estintivo-acquisitivo definitivo. L’onere di provare la ricorrenza del presupposto grava sull’amministrazione e, in mancanza di tale prova, si deve ritenere, in adesione all’indirizzo giurisprudenziale della Cedu, che tale momento coincida con quello della citazione introduttiva del giudizio nel quale il proprietario richieda il controvalore dell’immobile. Cass. civ. Sez. I, 17-04-2014, n. 8965;
  • In tema di occupazione acquisitiva o appropriativa, all’amministrazione non è consentito, invocando il mancato formale trasferimento nel proprio patrimonio della proprietà del bene illegittimamente occupato sul presupposto che il menzionato istituto sia stato ritenuto contrario ai principi costituzionali e della Cedu, negare al privato che lo richieda il risarcimento del danno, pur mantenendo il predetto bene nella propria disponibilità e destinandolo in modo definitivo e irreversibile ad un fine pubblico Cass. civ. Sez. I, 19-03-2014, n. 6301;
  • In tema di cose di interesse storico-artistico, non dà diritto a un indennizzo o risarcimento, conformemente a quanto previsto dall’art. 1, Protocollo 1, Cedu, come interpretato dalla Corte Edu, l’ordine del sovrintendente di sospendere provvisoriamente i lavori su cose in attesa di notifica del vincolo Cass. civ. Sez. I, 10-02-2014, n. 2962;
  • In tema di espropriazione per pubblica utilità, a seguito della sentenza Corte cost. n. 181/2011, anche nei ricorsi anteriori e indipendentemente dalla proposizione di specifica censura si applica, per la determinazione dell’indennità d’esproprio, il criterio dell’indennizzo rapportato al valore venale del bene, unico canone rinvenibile nell’ordinamento e non stabilito per singole fattispecie espropriative ma destinato a funzionare in linea generale in ogni ipotesi di espropriazione, salvo che un’apposita norma provveda diversamente, anche in coerenza con il principio riparatorio posto dall’art. 1 del Protocollo 1, Cedu. Cass. civ. Sez. I, 27-11-2013, n. 26493

 

 

3.    Bibliografia essenziale