Il TAR blocca la ripresa del “servizio al tavolo” introdotta da Regione Calabria e la riallinea alle disposizioni governative in materia di emergenza sanitaria da Covid-19

 

Con la sentenza n. 841 del 9 maggio 2020, la Prima Sezione del TAR Calabria ha celermente trattato, e accolto, il ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri – depositato in data 4 maggio 2020 – avverso l’ordinanza n. 37 del 29 aprile 2020 del Presidente della Regione Calabria nella parte in cui, al punto n. 6, ha disposto la ripresa dell’attività di ristorazione sul territorio regionale, non solo con consegna a domicilio e con asporto – attività, queste, già ammesse dal d.P.C.M. del 26 aprile 2020 – ma anche mediante servizio al tavolo (purché all’aperto e nel rispetto di determinate precauzioni di carattere igienico sanitario).

Il Collegio, in particolare, ha valorizzato i tre motivi di ricorso spiegati dalla Presidenza del Consiglio.

In primo luogo, è stato affermato che “Spetta infatti al Presidente del Consiglio dei Ministri individuare le misure necessarie a contrastare la diffusione del virus COVID-19, mentre alle Regioni è dato intervenire solo nei limiti delineati dall’art. 3, comma 1 d.l. n. 19 del 2020, che però nel caso di specie è indiscusso che non risultino integrati”, in quanto l’art. 3, comma 1 d.l. n. 19 del 2020 (entrato in vigore il 26/03/2020) prevede che le Regioni possano adottare misure di efficacia locale “nell’ambito delle attività di loro competenza e senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale”, ma tale potere è subordinato ovvero limitato da tre condizioni non rispettate nel caso di specie (che si tratti di interventi destinati a operare nelle more dell’adozione di un nuovo d.P.C.M.; che si tratti di interventi giustificati da “situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario” proprie della Regione interessata; che si tratti di misure “ulteriormente restrittive” delle attività sociali e produttive esercitabili nella regione).

In secondo luogo, è stato rilevato un difetto di istruttoria in sede di adozione del provvedimento impugnato, in quanto “l’ordinanza regionale motiva la nuova deroga alla sospensione dell’attività di ristorazione, mediante l’autorizzazione al servizio al tavolo, con il mero riferimento del rilevato valore di replicazione del virus COVID-19, che sarebbe stato misurato in un livello tale da indicare una regressione dell’epidemia”, sebbene risulti ormai fatto notorio “che il rischio epidemiologico non dipende soltanto dal valore attuale di replicazione del virus in un territorio circoscritto quale quello della Regione Calabria, ma anche da altri elementi, quali l’efficienza e capacità di risposta del sistema sanitario regionale, nonché l’incidenza che sulla diffusione del virus producono le misure di contenimento via via adottate o revocate”.

Infine, è stata evidenziata la presenza di un vizio da eccesso di potere dell’ordinanza regionale, in quanto l’adozione della stessa non è stata preceduta “da qualsivoglia forma di intesa, consultazione o anche solo informazione nei confronti del Governo”; anzi, “il contrasto nei contenuti tra l’ordinanza regionale e il d.P.C.M. 26 aprile 2020 denota un evidente difetto di coordinamento tra i due diversi livelli amministrativi, e dunque la violazione da parte della Regione Calabria del dovere di leale collaborazione tra i vari soggetti che compongono la Repubblica, principio fondamentale nell’assetto di competenze del titolo V della Costituzione”.