False attestazioni della presenza in servizio di pubblici dipendenti e danno all’immagine della pubblica amministrazione: la pronuncia della Corte costituzionale

Con la sentenza n. 61 depositata il 10 aprile 2020, la Corte costituzionale si è espressa in materia di risarcimento del danno all’immagine subito dalla pubblica amministrazione in seguito a false attestazioni della presenza in servizio da parte di una dipendente pubblica.

La Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del secondo, terzo e quarto periodo del comma 3-quater dell’articolo 55-quater del d.lgs. n. 165/2001, come introdotto dall’articolo 1, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 116/2016.

La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per l’Umbria, nel corso di un giudizio che vede protagonisti il Procuratore regionale presso tale sezione e una pubblica impiegata. Il Collegio, con sentenza non definitiva, ha ritenuto fondata l’azione risarcitoria proposta da tale Procura in capo alla convenuta. Quest’ultima, alterando i sistemi di rilevamento e con altri comportamenti fraudolenti, aveva falsamente attestato di aver prestato la sua consueta attività lavorativa da pubblica dipendente. A causa di tali comportamenti, essa è stata condannata al pagamento di una somma comprendente il risarcimento del danno patrimoniale prodotto dall’indebita percezione della retribuzione relativa all’attività lavorativa non prestata e il danno all’immagine della pubblica amministrazione cui la dipendente appartiene.

Il giudice a quo ha, tuttavia, ritenuto che la previsione contenuta nell’ultimo periodo del suddetto comma 3-quater, dell’articolo 55-quater, relativo alla determinazione quantitativa del danno all’immagine, in quanto misura sanzionatoria e deterrente rispetto al fenomeno del c.d. “assenteismo”, è contrastante con gli artt. 76 e 3 Cost., anche in combinazione con gli artt. 23 e 117, co. 1, Cost., in relazione all’art. 6 CEDU e all’art. 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione.

Di parere opposto è stato il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto in giudizio tramite la rappresentanza e la difesa dell’Avvocatura generale dello Stato.

La Corte costituzionale, in seguito ad una puntuale analisi del quadro normativo, ha dichiarato che il legislatore, mediante l’articolo 1, comma 1, lett. b), del d.lgs. 116/2016 (adottato su delega contenuta nell’articolo 17, comma 1, lett. s) della l. 124/2015) non avrebbe potuto introdurre “nuove fattispecie sostanziali in materia di responsabilità amministrativa” ma, attenendosi “ai princìpi e ai criteri direttivi enunciati dal legislatore delegante”, solo norme relative alla responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti dirette ad accelerare e concretizzare l’esercizio dell’azione disciplinare. La materia della responsabilità amministrativa non è, dunque, compresa nell’oggetto della delega, in particolare in relazione alla fattispecie del danno all’immagine causato da assenze ingiustificate dal servizio da parte di dipendenti pubblici.

La Corte ha, pertanto, ritenuto fondate le osservazioni della Corte dei conti e ha proceduto a dichiarare l’illegittimità costituzionale non solo dell’ultimo periodo del comma 3-quater, dell’articolo 55-quater, ma anche del secondo e del terzo, in quanto interconnessi.

Leggi la sentenza della Corte costituzionale.