Liberismo e pianificazione economica nella cultura costituente italiana

di Nicola Giovanni Cezzi
Abstract

Nello studio della cultura costituente in tema di pianificazione economica, l’attenzione al periodo considerato (1943-1948), caratterizzato dalle contingenze di un’economia di guerra e dal recupero della libertà politica, pone il preliminare interrogativo di cogliere, dall’incrocio dei dibattiti, il significato del termine pianificazione di volta in volta impiegato: se si stesse parlando di interventi a sostegno della ricostruzione, di piani pluriennali, o di un principio di sistemazione delle storiche presenze statali nell’economia. Simile problema si pone nel comprendere quale idea di liberismo veniva proposta: liberismo ortodosso, neoliberismo, social-liberismo, liberal-socialismo, terze vie, sistema misto, etc. Possono anticiparsi le seguenti direttrici di sintesi. Dal lato socialcomunista, all’esigenza di far mostra di moderazione, espressa prima di tutto con il riconoscimento della libertà politica quale prius rispetto all’ordine dei rapporti economici, avrebbe fatto seguito — a Costituzione approvata — una critica sempre più serrata alla declinazione borghese della filosofia planista. Dal lato liberal-liberista, gli afflati polemici verso finanche il ricorso al termine piano, una volta licenziato il testo costituzionale, sarebbero scomparsi e questa forma di organizzazione del potere sarebbe stata ammessa senza imbarazzi. In mezzo, la costanza e la solidità del programma della Democrazia cristiana.