Bisogni, timori e pratiche di laicità nell’Italia liberale. Riflessioni in margine al XX settembre

di Simonetta Soldani

Nella costruzione dello Stato italiano – uno Stato con una chiesa stabilita dal punto di vista legale, ma ‘rinnegato’ e non riconosciuto da tempo dalla Chiesa cattolica – laici «principi» e «pratiche» formare una miscela altamente contraddittorio e fluttuante in termini sia le leggi e la loro applicazione e la ricezione. Dopo una rapida rilettura dei ritardi e le incertezze che fin dall’inizio hanno caratterizzato la celebrazione da parte della classe dirigente del XX settembre 1870, l’anniversario della breccia di Porta Pia (e quindi della fine del potere temporale dei papi su Roma e della sua ‘ricongiungimento’ per l’Italia), l’attenzione si concentra su due temi particolarmente delicati riguardanti la laicità: il matrimonio e l’educazione formale. Nel primo caso, il fallimento del codice civile del 1865 a riconoscere il matrimonio religioso valida ai fini civili in realtà ha portato alla ‘disobbedienza’ civile di massa che solo il tempo e l’influenza moderatrice dei parroci sono riusciti a tenere a freno, nel secondo caso , la soppressione dell’insegnamento della religione dal piano di studi (1877) ha aperto un periodo di incertezza per quanto riguarda l’applicazione che sarebbe finito nel 1908 con la mancanza di volontà del Parlamento di sanzionare il carattere laico della scuola elementare pubblica.